Come funziona un telescopio? Ed un microscopio? Quanti di noi hanno fatto questa domanda. Entrambi questi strumenti
hanno in comune una cosa: le lenti!
Tutti noi abbiamo delle lenti in casa, siamo talmente abituati a vederle che... non le vediamo neppure.
A parte le lenti di ingrandimento, gli occhiali e strumenti ottici come il binocolo, ci sono lenti anche nei telecomandi ad infrarosso
dei televisori, nei laser dei lettori di CD o DVD, sulla testa di alcune lampadine per torce elettriche... fino alla lente più semplice
in assoluto: la goccia d'acqua.
Il microscopio più semplice infatti si può costruire con un pezzo di foglio d'alluminio (domopack), del cartoncino, uno spillo ed una goccia d'acqua da
utilizzare come lente. Questo è chiamato micoscopio semplice o di Van Leeuwenhoek dal nome del suo inventore che lo utilizzò con successo nel '600
gettando le basi della moderna biologia.
Per costruire il microscopio semplice si prende il cartoncino e di fa un buco di 2 cm di diametro. Il buco verrà coperto con il foglio di alluminio
e fissato con la colla o il nastro adesivo. Con lo spillo si fa un piccolo foro sull'alluminio e si depone sul foro una goccia di acqua.
La goccia aderendo al foglio, assumerà una forma circa lenticolare permettendo la visione ingrandita di piccoli oggetti.
Facciamo adesso alcuni esperimenti con una lente di ingrandimento per capire le leggi dell'ottica geometrica.
La legge dei punti coniugati
All'interno di una stanza mettiamoci vicino alla parete opposta a quella dove si trova una finestra. Allontanando lentamente la lente dal muro,
ad una certa distanza da questo possiamo vedere che si forma l'immagine della finestra. Analogamente possiamo chiudere le persiane o aspettare che
sia sera e possiamo vedere l'immagine di una qualsiasi cosa luminosa, una lampada, il televisore, notiamo anche che l'immagine risulta capovolta.
Trascuriamo per il momento per quale motivo la lente forma l'immagine, e per quale motivo questa è capovolta, e cerchiamo di ricavare una legge. I più attenti avranno notato che più avvicino la
lampada alla lente, maggiore è la distanza alla quale si forma l'immagine. Viceversa, allontanando la lampada l'immagine si avvicina alla lente.
Se provo a formare l'immagine di un oggetto molto lontano, questa si forma ad una distanza minima dalla superficie della lente che chiameremo fuoco.
Il motivo di questo nome è subito chiaro se proviamo a formare l'immagine del sole. Nel momento in cui il pallino luminoso assume la dimensione
minima, ovvero quando si forma l'immagine, lo schermo prende fuoco a causa del gran calore concentrato in uno spazio molto piccolo!
Se con un metro misuriamo le distanze tra lente, lampada e immagine a varie distanze, oltre alla distanza tra lente e fuoco,
possiamo costruire una relazione tra queste tre grandezze. Chiamiamo Q la distanza tra lente e lampada, P la distanza tra immagine e lampada
e F la distanza tra lente e fuoco. La legge (detta dei punti coniugati) che lega queste tre grandezze è:
1/P + 1/Q = 1/F
Quindi se conosciamo il fuoco della lente e misuriamo la distanza P dell'immagine, possiamo risalire alla distanza Q della lampada. Abbiamo costruito
uno strumento per misurare le distanze! Non molto preciso ma ottimo per dare un'idea della distanza tra lampada e lente.
Se la distanza della lampada è molto grande (come quando abbiamo utilizzato il sole), il termine 1/Q diventa molto piccolo e quindi la relazione
diventa 1/P = 1/F ovvero P = F come avevamo osservato nel nostro esperimento.
Facciaomo un nuovo esperimento, prendiamo lenti di dimensioni diverse o, meglio, con lunghezze focali diverse. Se vogliamo di nuovo formare l'immagine
della finestra sulla parete dobbiamo porre le lenti a distanze diverse rispetto a questa dato che le lenti obbediscono alla legge dei punti coniugati
e tenendo fissa Q deve cambiare P al variare di F.
Vediamo il tutto con un esempio, prendiamo due lenti, che chiamiamo 1 e 2, con F1 = 10 cm ed F2 = 20 cm e poniamo che la distanza della finestra sia 10 m.
Per la lente 1 ho:
1/P1 + 1/1000 = 1/10 ovvero P1 = 10.10
Per la lente 2 ho:
1/P2 + 1/1000 = 1/20 ovvero P2 = 20.41
I più svegli avranno notato una approssimazione, in entrambi i casi ho messo la distanza della finestra a 10 m, in realtà avrei dovuto mettere
10 m per la lente 1 e solo 9.9 per la lente 2 dato che è più vicina alla finestra di 10 cm circa. Se metto questi valori il risultato non cambia
apprezzabilmente per cui posso lasciare 10 m per entrambe le lenti.
Notiamo anche che le due distanze P sono solo diverse per pochi mm da F, sono quindi nel caso in cui posso considerare la finestra come una sorgente
molto lontana giustificando nuovamente la scelta di lasciare la distanza a 10 m in entrambi i calcoli.
Osserviamo adesso le due immagini della finestra. Le due immagini hanno dimensioni diverse.
Quella della lente di focale maggiore è più grande rispetto a quella di focale minore, anzi, possiamo vedere che una è circa il doppio dell'altra!
Quindi le dimensioni dell'immagine dipendono dalla lunghezza focale della lente. Come abbiamo fatto in precedenza, vediamo di scoprire quale legge
descrive l'effetto appena osservato.
La costruzione geometrica dell'immagine
Si può costruire la dimensione di una immagine utilizzando un metodo geometrico abbastanza semplice. Per far ciò è necessario fare alcune osservazioni
su come si propagano i raggi di luce attraversio la lente facendo riferimento alla figura, trascurando ancora il motivo per il quale i raggi sono deviati:
Per costruire l'immagine disegno il sistema come nella figura accanto e traccio le tre linee rosse come in figura, queste mi ricostruiscono l'immagine
e le dimensioni di questa rispetto a quelle dell'oggetto. Acesso è chiaro anche il motivo per il quale l'immagine risulta capovolta.
Il metodo grafico è utilizzabile fintanto che le distanze P, Q ed F siano paragonabili, nel caso visto in precedenza è abbastanza difficoltoso
utilizzare il metodo grafico mettendo la finestra a 10 m e l'immagine a 10 cm.
Da considerazioni geometriche possiamo definire l'ingrandimento M come:
M = - P/Q
Nel caso della lente 1 dell'esempio precedente abbiamo F = 10 cm,
P = 10.10 cm per cui l'ingrandimento è -0.01 l'immagine è 100 volte più piccola dell'oggetto reale, l'immagine della finestra infatti era circa
1 cm di larghezza e 1.5 cm di altezza pari a 1 m per 1.5 m.
Fino ad ora abbiamo usato un sistema con una sola lente, qualcosa di simile ai primi rudimentali strumenti ottici come il gia citato microscopio
semplice.
Abbiamo però trascurato un particolare importante, anche nel nostro occhio è presente una lente: il cristallino.
Per tale motivo l'immagine che si forma grazie alla lente si può vedere se proiettata sullo schermo ma non si vede se mettiamo il nostro occhio
al posto dello schermo. Per vedere qualcosa dobbiamo allontanare parecchio la lente dall'occhio: perché?
La lente e l'occhio umano
L'occhio funziona esattamente come la lente appena vista, la retina fa le funzioni dello schermo e il cristallino quello della lente, con una differenza,
i muscoli ciliari modificano la curvatura del cristallino in modo da formare l'immagine sulla retina senza dover avvicinare ed allontanare il cristallino.
Dove noi modificavamo P per formare l'immagine, l'occhio modifica F.
Essendo in genere molto grandi le distanze Q degli oggetti rispetto alla distanza P della retina, si possono considerare i raggi che entrano nell'occhio
come quasi paralleli, come abbiamo fatto nell'esperimento con le lenti 1 e 2.
Per vedere l'immagine è necessario rendere nuovamente paralleli i raggi convergenti in uscita dalla lente. Come possiamo fare?
I gruppi di lenti
La risposta alla domanda è semplice: usiamo un'altra lente.
Riferendosi alla figura, se sistemo le due lenti in modo che le distanze P dove si formavano le due immagini coincidano nel punto F, i raggi entreranno paralleli
ed usciranno paralleli, mettendo l'occhio dietro la lente 1 si può vedere l'immagine della finestra capovolta come quando era proiettata sulla
parete.
In questo caso cosa succede all'ingrandimento? Facendo il disegno con Q, P ed F paragonabili per le due lenti, si vede che l'ingrandimento totale
diventa semplicemente il prodotto dei due ingrandimenti.
M1 = P1 / Q1 = - 0.01
M2 = P2 / Q2 = - 0.02
Mtot = M1 * M2 = 0.0002
Possibile? No naturalmente, abbiamo fatto un errore, la lente 1 infatti non si trova adesso nelle stesse condizioni di quando abbiamo misurato l'ingrandimento dell'immagine della finestra, esso infatti lo abbiamo calcolato come M1 = 10/1000 dove Q = 1000 cm e P = 10 cm (circa). Adesso però Q e P si sono invertiti quindi l'ingrandimento della lente 1 è M1 = 10/1000 = 100, il calcolo corretto è:
M1 = P1 / Q1 = - 100
M2 = P2 / Q2 = - 0.02
Mtot = M1 * M2 = 2
L'immagine è circa il doppio rispetto alle dimensioni della finestra. Naturalmente posso variare a piacere l'ingrandimento variando la posizione della lente
1 e dello schermo.
Se considero Q molto grandi e P ~ Q, l'ingrandimento M tende a divergere, si usa una relazione che lega le distanze focali delle due lenti ed è
quella che si usa anche per i telescopi:
M1 = F2 / F1
Dove 2 è la lente dalla parte della finestra, che chiameremo obbiettivo, e 1 quella dalla parte dello schermo, che chiameremo oculare.
Se calcoliamo l'ingrandimento del sistema appena visto utilizzando questa nuova relazione otteniamo M = 20 / 10 = 2.
Abbiamo appena parlato di telescopi ed in effetti il sistema ottico appena visto è una versione molto semplice di cannocchiale, simile a quello utilizzato
nel '600 da Galileo Galilei per l'osservazione del cielo notturno.
Possiamo modificare il nostro cannocchiale aumentando o diminuendo gli ingrandimenti, basta utilizzare due lenti di lunghezza focale F molto diversa,
per esempio una lente da F = 1000 mm come obbiettivo ed una da 20 mm per oculare, sono sufficienti per vedere i crateri della Luna.
Tuttavia se guardiamo attraverso questo rudimentale sistema vedremo le immagini deformate, dai bordi sfuocati e colorati come se vi fosse un piccolo arcobaleno
Intorno agli oggetti.
Per capire il motivo di ciò, dobbiamo capire come le lenti riescono a deviare i raggi di luce.
Rifrazione e aberrazioni
Tutti abbiamo notato che se infiliamo l'estremità di un bastone nell'acqua, questo apparirà come piegato verso l'alto.
Consideriamo un raggio luminoso che viaggia attraverso un mezzo trasparente, ad esempio l'aria. Se sul suo cammino incontra un nuovo mezzo
trasparente, ad esempio acqua o vetro, nel passaggio dall'uno all'altro mezzo il raggio subisce una deviazione. Si dice in tal caso che il
raggio viene rifratto.
Si può descrivere questo fenomeno semplicemente misurando sperimentalmente una quantità chiamata indice di rifrazione ed indicata
con la lettera n.
Riferendosi alla figura i due angoli, di incidenza e di rifrazione, sono legati tra loro dalla legge di Snell:
Sin &theta 1 / Sin &theta 2 = n12
che lega i seni degli angoli ad una costante. La costante prende il nome di indice di rifrazione assoluto se &theta 1 si riferisce al vuoto.
mezzo | indice (riferito al vuoto) |
aria | 1,000294 |
acqua | 1,33 |
Vetro Flint | 1,579 |
Vetro Crown | 1,516 |
quarzo | 1,544 |
Nei nostri telescopi, vengono utilizzate varie soluzioni per minimizzare le aberrazioni, in primo luogo per l'obbiettivo si utilizzano due lenti
di diversa forma e di diverso materiale, storicamente venivano utilizzati i vetri di tipo Flint e Crown mentre per gli oculari si utilizzano vari
configurazioni di gruppi di lenti positive (come quelle viste fino ad ora) e negative (cioè lenti che fanno divergere i raggi di luce).
Per esempio l'astronomo del XVII secolo, Christiaan Huygens inventò un nuovo tipo di oculare formato da due lenti piano-convesse, che dimostrò
la possibilità di correggere l'aberrazione cromatica.
Quindi abbiamo tutte le informazioni per capire com'è fatto un telescopio rifrattore (cioè con un obbiettivo formato da lenti).
Un obbiettivo formato da un doppietto (cioè due lenti) di grande lunghezza focale e grande diametro (per aumentare la luce raccolta)
ed un oculare formato da due o più lenti di piccola lunghezza focale.
Le osservazioni che abbiamo fatto si adattano anche per uno specchio concavo (telescopio riflettore) con il vantaggio che uno
specchio riflette i raggi indipendentemente dalla lunghezza d'onda per cui non risente dell'aberrazione cromatica.
La differenza tra telescopi rifrattori e riflettori sarà argomento di un prossimo articolo.